BI Piacenza
Postato il: 25/06/20
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Un mio carissimo amico, che di apprendimento se ne intende, mi ha detto che la formazione a distanza l’ha inventata un certo Gutenberg 565 anni fa.
Un po’ tranchant, come commento, ma sono anch’io convinta che l’apprendimento, almeno in campo linguistico, abbia molto più a che fare con quello che succede tra le persone che sono in aula, sia questa virtuale o meno, che nei materiali e strumenti di cui si dispone.
E ha indubbiamente molto a che fare con quello che succede dentro alla mente di chi sta insegnando e di chi sta imparando.
Da quasi 30 anni mi occupo di insegnamento di inglese come seconda lingua e sono sempre più sconcertata nel vedere quanto sia scarso il livello di competenza linguistica delle persone che escono della scuola superiore e, intendiamoci, non faccio distinzione tra chi prende 9 e chi prende 6. Anzi! Per un misterioso fenomeno, spesso, più basso è il voto, meglio parlata è la lingua.
Più volte mi sono chiesta il perché (e qualche idea me la sono fatta) ma, col tempo, ho capito che le domande che cominciano con “come” sono molto più utili.
Rivoluzionari passi avanti nelle neuroscienze, misteriosamente del tutto ignorati dalla gran maggioranza dei luoghi dove si insegnano le lingue e, ahimè, dalla scuola in genere, ci fanno capire che è necessario riscrivere le regole per ogni attività umana che riguarda il pensiero, che si tratti di amministrare un’azienda, educare i figli o imparare una lingua.
E le regole devono tenere conto di come funziona il cervello umano. David Rock, nel suo bel libro Quiet Leadesrship, elenca sei presupposti da tenere in considerazione:
- The brain is a connecting machine
Il cervello ama creare ordine dal caos e trova connessioni ogni volta che può, cerca significati dappertutto e forma mappe di continuo ma queste mappe non le può ricevere passivamente da altri, già bell’e pronte;
QUINDI
Il compito di chi insegna è favorire la creazione di queste connessioni, non spiegare la regola o dire che cosa si deve fare.
- No two brains are the same
Non c’ è un cervello uguale all’altro. In ogni cervello, ci sono più modi di connettere i neuroni tra di loro che stelle nel firmamento o atomi nell’universo;
QUINDI
La “taglia unica” va bene per le calze sportive, nella scuola fa solo enormi danni;
- The brain hardwires everything it can
Le connessioni si rinforzano e diventano sempre più solide e stabili con il tempo. Come un sentiero nella neve che, appena tracciato, è una linea sottile ma, calpestato più volte, diventa una strada. Anche il Grand Canyon si è formato così, a forza di acqua che scorreva e così si formano anche i codici nel nostro cervello, ossia le mappe con cui noi interpretiamo il mondo;
QUINDI
E’ importante prestare attenzione a come si formano i codici, evitando che l’acqua scorra in solchi sbagliati e si rinforzino percorsi sbagliati a causa di sciatte spiegazioni ripetute per anni, traduzioni sbagliate, pronunce improbabili. Uno non ha idea di come sia evidente riconoscere questi canyon parlando con chi ha una formazione scolastica: tutti convinti che il present perfect si usa per eventi recenti, mentre il simple past per quelli lontani, che per fare il futuro in inglese basta mettere will davanti al verbo, che la grammatica inglese sia facile, mentre quella francese è difficile, che gli inglesi fanno finta di non capire quando parla un italiano, ecc ecc. Tutte cose per cui il compianto e simpaticissimo John Peter Sloan prendeva affettuosamente in giro gli italiani. Ma io mi chiedo: non è umiliante, per un insegnante di inglese a scuola, che la definizione “inglese scolastico” sia sinonimo di “inglese maccheronico”? Non c’è proprio niente che si possa fare per cambiare la situazione?
- Our hardwiring drives automatic perception
Il codice, una volta consolidato, rende la percezione automatica, ossia noi non vediamo il mondo com’è ma come siamo noi. What the thinker thinks, the prover proves. Prima pensiamo e poi cerchiamo prove che quello che abbiamo pensato sia vero. Non c’è una realtà là fuori, la creiamo noi applicando gli schemi che abbiamo creato con il tempo. Se qualcosa di nuovo ci sta dentro, bene, altrimenti cancelliamo le parti che non entrano;
QUINDI
Un insegnante dovrebbe essere molto prudente sapendo che l’idea che si è fatto su un suo/a allievo/a tende a rimanere sostanzialmente la stessa per sempre e, anzi, si rinforzerà continuamente. Un insegnante dunque diventa il co-creatore della realtà del suo allievo. Giudizi e convinzioni del tipo: “Lui ha sempre la testa tra le nuvole”, “lei è un genio”, “lui è negato per la matematica” hanno conseguenze enormi sulla vita delle persone. Allo stesso tempo, so di insegnanti di inglese che correggono, sbagliando, pronunce, corrette, dei loro allievi o errori che non esistono se non nella testa dell’insegnante.
- It’s practically impossible to deconstruct our wiring
E’ di fatto impossibile decostruire questi codici e non vale la pena farlo; sarebbe come tentare di cancellare il Grand Canyon con la gomma;
QUINDI
Anziché notare solo gli errori, sforzarsi di correggere ciò che non va bene e adottare il paradigma terapeutico, tutto concentrato sulle disabilità e sulla cura delle stesse, trovando anche ragioni e giustificazioni del perché esistono, sarebbe bene spostare l’attenzione sui punti di forza, scoprire i talenti e fare leva su quelli, creando delle strategie di compensazione, trovando strade alternative, sviluppando altre modalità, anche perché, se è praticamente impossibile cancellare i vecchi codici è facile crearne dei nuovi e, proprio questo, è il sesto e ultimo punto.
- It’s easy to create new wiring
E’ facile creare codici nuovi
Solo 20 anni fa gli scienziati erano convinti che il cervello si configurasse in via definitiva nell’infanzia e poi andasse progressivamente declinando con la perdita dei neuroni nella vecchiaia. La scoperta della neuroplasticità ha spazzato via questo paradigma e ora sappiamo che il cervello può creare nuove connessioni, scrivere nuove tracce di codice, fino all’ultimo secondo della vita. Se è difficile perdere un’abitudine, è però facile acquisirne una nuova e, rinforzando questa sufficientemente, con quella che vogliamo perdere succede come con i sentieri nella giungla che, se nessuno ci cammina più sopra, non è che spariscono ma vengono ricoperti dalla vegetazione e non li si trova più;
QUINDI
Un vero insegnante è creativo e curioso, interessato alla mente dei suoi allievi almeno quanto lo è alla materia che insegna. Anche perché il cervello, per lavorare al meglio, ha bisogno di essere in uno stato di calma dove paura e giudizio sono assolutamente da bandire.
Una volta ho sentito Kate Benson, master trainer di PNL e braccio destro di Richard Bandler per quanto riguarda l’eccellenza nell’apprendimento, fare questo dialogo con un insegnante:
- What do you teach?
- I teach English.
- No, you don’t teach English, you teach people.
Non è traducibile, in italiano, per una questione di analisi logica, ma sono sicura che il senso sia chiaro a tutti.