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Pane e Tulipani come Shirley Valentine

Manuali di sopravvivenza al ventunesimo secolo

BI Piacenza
Postato il: 06/10/19
Tempo di lettura: 5 minuti, 51 secondi


 

Come il film Sliding Doors ci insegna, ci sono scelte (importanti o meno) che contribuiscono a creare il nostro futuro (prossimo o distante).

Due eventi distanti, apparentemente privi di connessione, irrelati, sono in realtà legati da eventi più piccoli, dieci o cento o mille, che formano una vera e propria catena. Per cui, se mi limito a guardare l’evento di partenza e quello di arrivo, non noto alcuna relazione di causa-effetto. Se però, partendo dall’inizio (causa), mi soffermo su tutti i piccoli eventi che, come una catena appunto, portano all’effetto, ecco che la relazione tra i due estremi mi appare ovvia.

Facendo un po’ di ricerca, ho scoperto che questo discorsone filosofico ha addirittura un nome, un nome difficile: eziologia. Da Wikipedia “si tratta dello studio e dell'approfondimento sul motivo per cui alcuni eventi o processi si verificano, o addirittura sulle ragioni che si nascondono dietro determinati avvenimenti”

 

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Detto ciò, provo ad arrivare al punto. Ma prima devo fare un’altra tappa cinematografica.

Qualche settimana fa, durante una domenica piovosa, una domenica tipica insomma, eravamo sul divano a sfogliare l’offerta di Netflix, quando ci balzò agli occhi l’immagine di un film inglese dal titolo “The Party”. Un bel film girato in bianco e nero, con la caratteristica che apprezzo sempre molto di essere più uno spettacolo teatrale che un film vero e proprio (altri esempi eccellenti sono The Big Kahuna e Carnage, che però nascono prima come spettacoli per il teatro e solo dopo diventano film. Non è il caso di The Party, anche se tutti gli attori sono prima di tutto attori di teatro).

 

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Comunque, non sono qui per parlare del film. Per lo meno non di questo.

Tutti gli attori sono inglesi, tranne uno. Bruno Ganz, attore svizzero deceduto a febbraio di quest’anno. 

Ed appena entra in scena, esclamo “ma quello è Bruno Ganz! Attore svizzero deceduto a febbraio di quest’anno!”.

Proseguo. “È stato il protagonista di uno dei miei film italiani preferiti, Pane e Tulipani. La storia di una madre e moglie che, stanca della sua vita banale da casalinga annoiata e poco considerata, scappa da sola a Venezia per rifarsi una vita”.

Questa mia ultima affermazione ci porta al punto, perché la risposta che ottengo è: “Mi sembra di comprendere che questo film italiano di cui vai parlando con tanto fervore ed altrettanta passione (va bè, magari non proprio le esatte parole, ma in linea di principio...) assomigli molto ad un film inglese, Shirley Valentine”.

 

Come vedete siamo arrivati al titolo dell’articolo, partendo da Sliding Doors e passando per The Party e Pane e Tulipani, film non necessariamente correlati tra di loro. Se anni fa non avessi visto Pane e Tulipani, non avrei probabilmente riconosciuto Bruno Ganz in The Party, quindi non avrei visto nemmeno Shirley Valentine e ora non starei scrivendo questo articoletto, partendo da Sliding Doors. Più eziologico di così.

 

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Innanzitutto, se volete vedere Shirley Valentine e contemporaneamente esercitare il vostro inglese, Youtube lo rende disponibile gratis nella sua versione originale.

Sinossi in breve. Shirley Valentine è una donna di Liverpool, poco più di quarant’anni, sposata con un uomo che si indispettisce se alle sei in punto la cena non è pronta. Casalinga annoiata ed insoddisfatta, usata dal marito e dalla figlia come cuoca, cameriera e donna delle pulizie. Stanca di tutto ciò, decide di fuggire in Grecia per due settimane. Come vedete la trama è la stessa di Pane e Tulipani. Ma è solo il pretesto narrativo, le variazioni sul tema sono diverse ed interessanti in egual misura.

Non dico oltre, per non rovinarvi il film. Ma due parole le devo scrivere.

 Il film uscì nel 1989. Io ero in prima elementare, il muro di Berlino cadeva e in Giappone Akihito diventava imperatore (per dimettersi a maggio di quest’anno: eziologia narrativa).

 L'opera è una bella rappresentazione dell’Inghilterra degli anni 80 (per chiarificazioni sul termine “Inghilterra” vedere articolo precedente): famiglie inglesi eccessivamente legate al territorio ed al suo clima gloomy, alle chips and eggs consumate come cena alle 6 in punto. Dove tutto ciò che è estraneo al Regno viene visto come troppo esotico, strano, e degno, se non di presa in giro, per lo meno di cipiglio. C’è una scena, verso la fine del film, in cui due turisti inglesi in vacanza in Grecia non sanno cosa mangiare al ristorante, e sono addirittura scoraggiati dal menu greco che prevede, tra le altre cose, il kleftiko, la bistecca di agnello marinata in salsa di aglio, limone e origano, fino a quando la nostra Shirley offre come possibilità un piatto tipico inglese, chips and eggs per l’appunto. I due turisti inglesi vanno in visibilio.


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E questo in realtà è il significato del film. Andare, esplorare, scoprire, avere paura di dormire scomodi, di mangiare male, di non riuscire a farsi capire, di avere nostalgia di casa. Come si dice, uscire dalla zona di comfort. Per poi magari scoprire che è proprio al di fuori del comfort che troviamo il vero comfort.

Se poi a farlo è una donna sposata, ma che viaggia da sola, il tutto diventa un perfetto manuale per il ventunesimo secolo. Rappresentativo è il fatto che nella prima parte del film, quando Shirley è ancora a casa sua, a Liverpool, è talmente annoiata e frustrata da avere conversazioni con il muro della sua cucina. Una volta arrivata in Grecia, così abituata alla sua condizione di solitudine, inizia a raccontare la sua vita ad una roccia, in mancanza del muro.

 

Un bel film, delicato e gentile, come il suo cugino italiano Pane e Tulipani (che, devo dire, continuo a preferire, anche grazie alla splendida colonna sonora di Giovanni Venosta, nella quale spicca il Valzer di Vera Zasulic, e alla presenza di una grande attrice italiana, Licia Maglietta. Poi c’è Giuseppe Battiston, uno tra i miei preferiti in Italia).

 

In conclusione: gli inglesi sono molto bravi a fare sia film che serie TV (alcune recenti serie TV in particolare sono ciò che di meglio si possa trovare in giro al momento. Qualche titolo al volo in ordine sparso: Fleabag, Killing Eve, Black Mirror, Inside No.9, Sherlock, The Crown ecc...).

 Shirley Valentine è un piccolo gioiello che non conoscevo, e sono grato all’eziologia che mi ha permesso di vederlo e di scrivere questo post. Per me la pubblicazione di questo articolo rappresenta la fine del processo eziologico, magari per qualcuno di voi rappresenterà l’inizio. E magari tra qualche anno, ripercorrendo a ritroso una fase della vostra vita, noterete un legame tra la vostra situazione e la lettura di un articoletto nel settembre del 2019. Mi piace pensarlo...

 

 

 






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